Da tempo è prassi comune che durante i funerali all’uscita del
feretro dalla chiesa scroscino lunghi applausi riservando quella che da sempre
è una azione espressiva della gioia e dell’approvazione ad un momento che costituisce
l’esperienza più dolorosa dell’essere umano.
i funerali di Anna Magnani nel 1973 |
Sembra proprio che esista una data precisa per l’inizio di questa usanza (tutta italiana) segnata dal funerale di Anna Magnani nel 1973 a Roma.
Forse non è un caso che questo fatto si sia verificato solo pochi anni dopo che la Chiesa Cattolica ha riformato la liturgia dell'ufficio funebre con due provvedimenti nel ’65 e nel ’69 con i quali toglie la declamazione o il canto del Dies Irae e del Libera me Domine, e cambia il colore dei paramenti utilizzati per la cerimonia esequiale.
partitura gregoriana del Libera me Domine |
La sequenza del Dies Irae consiste in un componimento in forma rimata di origine medievale che veniva proclamato durante il funerale prima del Vangelo, mentre il
Libera me Domine era inserito nel pio ufficio della sepoltura al cimitero. Entrambi parlano del giorno del Giudizio e della presenza dell’anima di fronte a Dio utilizzando –ovviamente- i verbi al futuro, e seppur parlano del giorno dell’ira, erano in grado di suggerire la garanzia di una persistenza del soggetto dopo la morte.
Non è bastato
decolorare il paramento esequiale dal cupo nero al più leggero e più vitale
violetto per scolorire l’angoscia del nulla che la morte reca con sé.
Non si termina più la vita in casa ma negli ospedali o nelle cliniche, e le funeral houses ci danno la possibilità di gestire tutto il più asetticamente e distante possibile.
scena dal film Departures di Yojiro Takita, Giappone 2008 |
e la Tanatoprassi (immissione di un fluido conservante che consente di ritardare per alcune settimane il processo di decomposizione) che prendono sempre più piede anche in Italia, paiono gli ultimi tentativi in senso cronologico di mascherare di vita la morte.
Davanti all'evento della morte si addice il silenzio, perché né la parola né l’animo riescono ad esprimerlo.
Conviene dunque tacere.
Ma tacere significa dar spazio al pensiero e non c’è argomento più arduo da affrontare per l’uomo
se non il senso della perdita della vita.
Busto di Platone, Roma, Museo Capitolino |
Platone nel Fedone sostiene che la filosofia non consiste altro che nella costante preparazione dell’anima alla morte.
Non essendo più abituati a dialogare con la morte è inevitabile che assistendo al suo operare rimaniamo senza argomenti in un silenzio che non è meditativo ma soffocante, che dobbiamo a forza riempire con qualcosa. E il silenzio si spezza col chiasso, col fragore; in questo caso col rumore di un applauso.
C’è chi ha osservato che durante i funerali il battimani si verifica
solamente se sono presenti delle telecamere o dei giornalisti. Non sono di
questa opinione; forse questi elementi fungevano da innesco tempo fa agli
albori del fenomeno, mentre oggi non servono come non serve più che il defunto
sia un eminente uomo politico, o un noto artista o comunque un personaggio
notorio. Oggi si applaude anche alla bara di gente comune, scomparsa per
malattia, incidente o delitto. Non importa.
Jacques Louis David. Morte di Socrate. New York, Metropolitan Museum |
In parte perché il battimani si accompagna alla curiosità malsana che attira in generale l’essere umano, ma soprattutto perché in tal modo i soggetti partecipanti al rito non strettamente coinvolti dal lutto si liberano dall’impaccio delle domande che la morte pone a ciascuno di loro.
E’ una fuga.
Una fuga teatralizzata e corale dalla nostra responsabilità di uomini pensanti.
Certamente l'applauso non può essere rivolto al morto per dirgli : ce l’hai fatta! bravo, hai recitato bene la tua parte;
ancormeno per lodare ciò che ha combinato in vita perché questo comporterebbe la possibilità di fischiare e insultare le sue spoglie in caso contrario…
ancormeno per lodare ciò che ha combinato in vita perché questo comporterebbe la possibilità di fischiare e insultare le sue spoglie in caso contrario…
Nemmeno si può tributare un applauso alla Morte mentre, analizzando la questione dalle prospettive materialistica e
religiosa, sfugge ulteriormente il senso: chi crede che la morte sia
la fine di tutto non può dedicare un ovazione a una non-esistenza, e per
chi crede nella sopravvivenza dell’anima l'applauso suonerebbe come blasfemo.
Resta solo una motivazione: il bisogno dei “rimasti”
di interrompere l'assordante silenzio inquisitorio che provviene dalla tomba.
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