Ancora una volta -l’ennesima - i telegiornali e i notiziari on line o stampati per dar cronaca di un brutale omicidio a
sangue freddo hanno usato il verbo giustiziare…
Occorre domandarsi come può essere così banalmente usato a
sproposito un termine che ha manifestamente, in modo quasi ovvio, enunciato in sé stesso il proprio significato?
La gravità dell’uso improprio ed erroneo di questa
parola è tanto importante quanto il
numero elevato dei giornalisti che ne
parlano e ne scrivono favorendo con questa ignorante “leggerezza” un accostamento
al concetto di “giustizia” a dei criminali che al contrario ammazzano,
uccidono, sgozzano, tolgono la vita, sopprimono, i loro rivali e la maggior parte delle volte con l’aggravante di una modalità di pura vigliaccheria,
tradimento o sopruso sconcertante.
miniatura dalle “Chroniques de France ou de Saint-Denis”, 1332-1350. |
Perché associare al
concetto di amministrazione della giustizia
i crimini efferati compiuti da
caini sempre e comunque al di fuori della legge e dei basilari concetti morali?
E’ tempo di ridare dignità alle parole; di riappropriarsi di
termini appositamente coniati per stigmatizzare una precisa azione, una
peculiare circostanza per essere in grado di parlare della realtà con
cognizione.
Più volte, conversando su questo argomento, mi è
stato ribattuto: « Ma tanto si capisce lo stesso…» .
Questo qualunquismo che segna un accontentarsi della mediocrità
non fa onore alla completezza della lingua italiana, e, al contrario, nel tempo
la fa sprofondare in un pantano che rallenta e immobilizza il parlato quotidiano, lo riduce alla
inespressività di uno stringato glossario preconfezionato entro il quale la
sfumatura, l’espressione trovano la loro morte.
Del resto ci siamo abituati in questi anni alla lenta agonia
della nostra lingua della quale si smarriscono e si scordano i termini antichi
per andare alla ricerca nevrotica di ibridi neologismi derivati
a forza dall’inglese e che suonano pure male ai nostri orecchi, (basti l’orribile
scannerizzare!
) ma tant’è… Così come ci siamo abituati
al prorompere sul proscenio della cronaca (e di conseguenza nel parlato
ordinario) di parole che insistono come tormentoni sulla bocca di politici e
commentatori fino alla esasperazione.
Uno dei più gravi
delitti del nostro tempo è il delitto semantico.
Ci sono cose scomode da dire, che le parole della nostra
lingua hanno fortunatamente la capacità di rivelarci in tutta la loro importanza. Per questo a volte si tace, si usano eufemismi più comodi, meno “crudi”,
più politicamente corretti e in pochi si accorgono che così facendo ci
abituiamo a non chiamare le cose col loro nome e finiamo col non dialogare con
la realtà che ci circonda, col non saperla più indicare con precisione. Ma la” beozia” è un gran bel paese, nel quale tutti
si vive tranquilli e ci si addormenta presto e felici perché la coscienza sarà
più leggera convincendosi che abbiamo “interrotto
una gravidanza” e non fatto un aborto,
che abbiamo visto un “non vedente” e non un cieco nel bisogno della
propria menomazione,
Con questo fantastico stratagemma moderno anche lo spazzino
troverà sonno dolcemente nella orgogliosa coscienza di essere un capace “operatore ecologico” e la lingua italiana
sarà “ingiustiziata” ancora una volta!