venerdì 13 settembre 2013

sull'uso dei social network



Strumenti come  Facebook, i blog, youtube,  hanno fatto nascere un morboso atteggiamento in base al quale in molti si interessano con grande curiosità e assiduità  alla stupidità, alla banale incapacità  altrui godendo di questa come se si trattasse di una grande novità, di un indispensabile insegnamento utile alla reale comprensione del mondo… Cliccare un video di un individuo stonato che si riprende senza remore e pudore nella sua performance grottesca, cosa aggiunge alla esperienza dell’internauta?  Cosa scopre questi di tanto nuovo e interessante?  Forse che tra gli esseri umani esiste la banalità  e il pressapochismo?  Per questo non  v’era certo il bisogno di scomodare la tecnologia per scoprire ciò che l’uomo conosce da quando ha una storia!  E come mai questa pochezza umana assurge ad un rilevante aspetto sociale tanto da essere misurata contando (a volte in milioni) le visualizzazioni  ricevute nella rete?
Oggi si arriva ad avere spazio nelle più alte istituzioni anche grazie alla banalità....

Si guardano certe manifestazione della stupidità umana con lo stesso interesse che si dedicherebbe ad una lezione universitaria e probabilmente consolandosi in qualche modo di non far parte di quella categoria. Eppure fin solo pochi anni fa si aveva chiaro il concetto che gli stupidi esistevano e che solitamente era bene che tacessero. La situazione era talmente diversa da quella odierna che gli stessi stupidi non lo erano a tal punto da svelarsi, da farsi consciamente  riconoscere dagli altri… Al contrario oggi lo stupido si vanta di esserlo e diventa personaggio esibendo senza pudore alcuno le proprie tare, anzi accentuandole e servendosene per crearsi il suo spazio di fama, un riconoscimento delle sue non-doti.
Tuttavia lo stupido ha bisogno di un pubblico che lo veda e lo voti.  Ed è questo forse l’aspetto più inquietante: quale bisogno fa nascere un pubblico plaudente al nulla o alla pochezza umana?  Un tempo il teatro sbeffeggiava la figura dello stolido suscitando l’ilarità della platea che era comunque una ilarità che sottendeva una condanna o almeno un esempio negativo da non imitare. La società di internet si limita invece a testimoniare l’esistenza della banalità  senza alcun giudizio, godendo solo dell’atto visivo o uditivo unitamente a un morboso senso di “scoperta”  che stimola la gara a chi riesce a scovare il miglior peggio che circoli nel web. 
milioni di visualizzazioni...

 La definizione di chi esplora il web è navigatori  e chi è il navigatore per antonomasia se non Ulisse? E quale desiderio muove Ulisse se non quello della scoperta e del sapere fino al punto di dare la vita per la conoscenza? Lo stesso abisso che si richiude sopra l’imbarcazione  del greco e dei suoi compagni di viaggio separa il navigatore contemporaneo dalla esortazione  che lo sposo di Penelope nella Commedia di Dante rivolge ai suoi uomini:
Considerate vostra semenza, fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza

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